Come le galassie diventano a spirale

Osservazioni infrarosse supportano la vecchia Teoria dell’onda di densità

Come fanno certe galassie a sviluppare quell’elegante ed evocativa struttura spirale? Anche la nostra Galassia manifesta tale struttura ed è lungo i bracci che si trova la maggior parte delle stelle, le regioni di formazione stellare e le nubi molecolari opache.

Se il modello largamente accettato di formazione galattica contempla l’accrezione ai danni di galassie più piccole con un ruolo non secondario della materia oscura, la modellazione a spirale è stata a lungo una spina nel fianco per gli astrofisici poiché non sapevano esattamente come si fosse generata.

Nuove osservazioni sulla galassia M77 compiute con l’Osservatorio stratosferico per l’astronomia infrarossa (Sofia), sembrano far luce sulla questione e chiamano in causa, insieme alla gravità, i campi magnetici di cui è sta misurata l’intensità.

M77 si trova a 47 milioni di anni luce nella costellazione della Balena e ospita un buco nero supermassiccio di circa 8 milioni di masse solari. Le osservazioni infrarosse eseguite con Sofia permettono di riconoscere i campi magnetici e i loro effetti che appaiono in buon accordo con la teoria principale che descrive la formazione della struttura nota come “teoria dell’onda di densità” che considera polveri, gas e stelle nei bracci spirale non come strutture statiche, come le pale di un’elica, ma dinamiche e soggette alla compressione esercitata dalla gravità, come oggetti su un nastro trasportatore. Questo avviene lungo tutta l’estensione dei bracci.

Ciò implica che pure le forze gravitazionali stanno comprimendo il suo campo magnetico, supportando la teoria delle onde di densità. Questa è una prova osservativa poiché è la prima volta che si osserva tale processo in atto. In che modo si è potuto osservare questo fenomeno?

I campi magnetici cosmici non si vedono e sono difficili da osservare, ma grazie all’Airborne Wideband Camera-Plus ad alta risoluzione (Hawc+), la radiazione nel lontano infrarosso emessa dai grani di polvere interstellare viene utilizzata come tracciante per mapparne la posizione e orientazione nel mezzo per dedurre la forma e la direzione del campo magnetico, poiché le polveri tendono a disporsi perpendicolarmente alle linee del campo magnetico interstellare.

Le polveri interstellari si comportano similmente alla limatura di ferro che si dispone lungo le linee di forza di un magnete, ma nel caso di Hawc+, alla lunghezza d’onda di 89 micron, è la radiazione infrarossa a visualizzarlo con ricchezza di dettaglio, per altro con la certezza che tale segnale non è contaminato da altri fenomeni. Adesso si programma di utilizzare lo stesso strumento per indagare altre galassie e per comprendere come i campi magnetici possano aver influenzato l’evoluzione di altri tipi di oggetti.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.