Anche Cheops in orbita: un occhio italiano sui pianeti extrasolari

Oltre al satellite Cosmo-SkyMed di seconda generazione, il razzo Soyuz appena lanciato dalla base di Kourou ospitava nella sua “pancia” anche Cheops (Characterising ExoPlanets Satellite), un telescopio per lo studio e la caratterizzazione dei pianeti extrasolari, in particolare quelli di taglia compresa fra la Terra e Nettuno. Cheops raggiungerà un’altezza di 700 chilometri e seguirà sempre il terminatore luce-giorno nelle sue varie orbite che compirà intorno alla Terra nei prossimi tre anni e mezzo. Si tratta di una missione di classe Small del programma “Cosmic Vision 2015-2025” dell’Agenzia spaziale europea (Esa) con un importantissimo contributo italiano. Abbiamo chiesto quindi a Roberto Ragazzoni, astrofisico e direttore dell’Osservatorio Astronomico di Padova, nonché ideatore e responsabile del telescopio del satellite Cheops, di illustrarci brevemente le caratteristiche e gli obiettivi della missione.

Roberto, quali sono gli scopi scientifici di Cheops? Cioè quali pianeti andrete a studiare e per capire cosa?

Lo scopo principale di Cheops è di misurare con precisione il diametro di pianeti extrasolari già noti. Di questi conosciamo la massa da studi spettroscopici fatti da telescopi a Terra, come il nostro Telescopio Nazionale Galileo ubicato alle isole Canarie, per cui dal rapporto tra il volume, calcolato dal satellite, e dalla massa, misurata dal suolo, possiamo capire se il pianeta è un gigante gassoso, una sfera di roccia, o magari un pianeta di acqua o ghiaccio…

Il contributo dell’Italia in Cheops è sicuramente importante, puoi ricordarci che strumenti riguarda, il loro scopo e quali enti o aziende italiane sono stati coinvolti?

L’occhio di Cheops è italiano, come peraltro molte delle future missioni europee alla conquista degli esopianeti, come saranno Plato e Ariel, per esempio. La nostra tradizione nella costruzione di telescopi e di ottiche di precisione si conferma anche in questo caso, anche se si tratta di uno strumento dal diametro tutto sommato modesto (poco più di 300 millimetri). Un telescopio molto compatto per permettere di essere protetto da un lungo paraluce (nello spazio Sole, Terra e Luna, sono sempre pronte a disturbare le osservazioni precise come quelle che ci accingiamo a fare). Un telescopio estremamente stabile, per permettere di eseguire misure fotometriche, di valutare le variazioni di intensità della luce della stella in esame, con una precisione di qualche parte per milione. Il telescopio è frutto dell’impegno dell’Istituto Nazionale di Astrofisica ed in particolare degli Osservatori Astronomici di Padova e di Catania, con un piano scientifico preparato minuziosamente anche dall’Università di Padova. La realizzazione è stata affidata a Leonardo (che raccoglie l’eredità delle arcinote “Officine Galileo”) e dalla MediaLario di Lecco, non nuova a costruire ottiche speciali anche per altri tipi di strumenti astronomici.

Infine permettimi una domanda più personale: al di là degli scopi per i quali è stato costruito e gli strumenti di cui è dotato tu, come astronomo, quale scoperta sogni di poter fare con Cheops?

Con oltre 4000 pianeti extrasolari scoperti a partire dal 1995, oggi ci accingiamo a superare il numero di stelle visibili ad occhio nudo, ma se guardiamo al nostro Sistema Solare, esso è formato da otto pianeti e da oltre 150 lune. Ecco, mi piacerebbe che Cheops potesse contribuire a scovare qualcuna delle innumerevoli lune extrasolari che sicuramente esistono, assieme a sistemi di anelli, come quelli di Saturno. Ma come al solito la scoperta più interessante sarà quella inattesa. È il bello di questo mestiere!

Grazie Roberto, noi di Cosmo seguiremo da vicino, anche con il tuo aiuto, i successi, le scoperte ma anche le emozioni che Cheops saprà regalare alla comunità scientifica.

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