I numeri dell’Italia alla ministeriale Esa 2019

Di Matteo Massicci

Buone notizie per il comparto spaziale italiano, che la scorsa settimana ha seguito con apprensione gli aggiornamenti provenienti dal centro congressi Fibe di Siviglia, in Spagna, dove dal 27 al 28 novembre è andato in scena “Space19+”, il Consiglio ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea 2019. Nel corso dell’appuntamento, che ogni tre anni riunisce i ministri dei 22 stati membri dell’Esa, sono state definite e finanziate le attività del settore spaziale europeo. Le decisioni emerse dal tavolo strategico hanno delineato un bilancio positivo per il nostro Paese, che, anche a fronte di un’accresciuta sottoscrizione economica all’Esa, è stato in grado di far approvare le proprie proposte (vedi il ritorno dell’astronauta Samantha Cristoforetti sulla Stazione Spaziale Internazionale) e di garantire la continuità dei programmi caratterizzati da una forte presenza dell’industria e degli investimenti italiani, come quelli relativi al trasporto spaziale, all’osservazione satellitare della Terra e alla realizzazione di moduli pressurizzati. Un tale risultato, oltre a sancire la centralità dell’Italia nell’ecosistema spaziale, fornirà al nostro indotto di riferimento ampi margini di crescita, con un ritorno significativo anche in termini di sviluppo produttivo ed economico.  

Al di là del successo nazionale ottenuto a Siviglia, che analizzeremo in dettaglio nelle prossime righe, di cosa si è discusso nel corso di “Space19+”? E quali sono stati gli impegni che gli stati membri dell’Esa si sono impegnati a sottoscrivere? L’assemblea era chiamata a valutare e a sovvenzionare una serie di linee programmatiche relative a diversi ambiti di sviluppo indicati come strategici dall’agenzia: esplorazione robotica e umana dello spazio, trasporto e sicurezza spaziale, osservazione della Terra, telecomunicazioni e navigazione, tecnologie di base e nuovi prodotti tecnologici. Il fine era, come ribadito anche dal sito dell’Esa, quello di “assicurare l’uso e l’accesso indipendente dell’Europa allo spazio a partire dal 2020, rafforzare la crescente economia spaziale europea, e fare scoperte rivoluzionarie sulla Terra, sul nostro Sistema Solare e l’Universo che è oltre, facendo allo stesso tempo una scelta responsabile nel rafforzare gli sforzi attuali per salvaguardare e proteggere il pianeta”.

Per quanto ambizioso, il disegno contenuto nel documento di riferimento di ‘Space19+’ – che sosteneva la necessità di uno sforzo economico superiore al passato e commisurato alle esigenze dei nuovi programmi -, ha incontrato l’unanime adesione di tutti i ministri riuniti a Siviglia. Una convergenza che ha determinato lo stanziamento di un budget complessivo di 14, 4 miliardi di euro da spalmare sui prossimi cinque anni, una cifra del 20% superiore rispetto a quanto richiesto e record assoluto nella storia dell’Esa, insieme con il conseguente via libera per tutti i progetti dibattuti. Il risultato, al di sopra di ogni aspettativa, è stato annunciato da un soddisfattissimo Johann Dietrich Wörner, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea, che, nel corso della conferenza stampa a chiusura della ministeriale, ha sottolineato come la narrazione e le prospettive legate allo spazio siano un importante promotore di coesione tra i paesi europei.

Nel resoconto complessivo, a essere da record non è solo lo stanziamento globale messo a disposizione dell’agenzia. Come detto, anche l’Italia ha incrementato la propria prestazione individuale, portando in dote a Siviglia il più alto contributo mai registrato, 2,282 miliardi, quasi il doppio rispetto alla ministeriale 2016 nonché il 15,9 % del bilancio complessivo. È un importo grazie al quale l’Italia rafforza il suo terzo posto nella lista dei contributori dell’Esa, dietro solo a Francia (2,664 miliardi) e Germania, che quest’anno si posiziona a sorpresa in vetta alla classifica con 3,294 miliardi (il 22,8% del budget totale), dopo una lunga leadership francese.

La scelta di aumentare l’investimento italiano nella pianificazione spaziale europea rappresenta il primo atto ufficiale al di fuori dei nostri confini del Comitato interministeriale per lo spazio e aerospazio, il Comint. Un buon esordio per la cabina di regia nazionale istituita l’anno scorso in seguito alla riforma della governance spaziale voluta dal primo esecutivo Conte. Nonostante l’attuale instabilità politica, al Comint va riconosciuto il merito di aver saputo puntare su un settore la cui industria, sul solo territorio nazionale, ha le carte in regola per diventare uno dei propulsori della ripresa economica nazionale, vantando già oggi un fatturato annuo di due miliardi di euro e seimila addetti altamente specializzati.

Unica nota stridente rimane il ruolo ancora troppo marginale dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) all’interno della politica spaziale, a cui la competenza e l’esperienza dell’agenzia porterebbero indubbi benefici in quanto a definizione degli obiettivi scientifici da perseguire. Per dovere di cronaca, va comunque ricordato che l’Asi, secondo quanto dichiarato dal suo presidente Giorgio Saccoccia, in vista della Ministeriale ha lavorato in maniera proficua con il governo. Saccoccia ha inoltre peraltro preso parte ai lavori di “Space19+” come membro della delegazione italiana insieme con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo spazio, Riccardo Fraccaro, a capo della delegazione, e al segretario del Comint, l’ammiraglio Carlo Massagli.

Tra i compiti dei rappresentanti dei 22 stati membri c’erano anche la suddivisione e l’assegnazione del budget cui i programmi spaziali attingeranno per le coperture necessarie. Passiamo in rassegna le linee principali su cui è ricaduta la maggior parte degli investimenti sottoscritti durante la ministeriale, descrivendo i progetti più rappresentative alla luce del contributo italiano e delle possibili ricadute per il nostro Paese.   

A beneficiare del più cospicuo finanziamento Esa è il settore dell’osservazione della Terra, cui andranno 2,542 miliardi di euro. La cifra consentirà di aumentare sensibilmente la capacità di monitoraggio del nostro pianeta attraverso la costruzione e la messa in orbita di strumenti più performanti, con lo scopo di fornire soluzioni ai problemi connessi al cambiamento climatico e di sviluppare applicazioni e servizi che rispondano alle esigenze dei cittadini grazie all’elaborazione dei dati raccolti. Leader indiscussa in questo settore, l’Italia ricopre un ruolo di primo piano nella realizzazione dei componenti di Copernicus, attualmente il più avanzato sistema di osservazione della Terra, la cui flotta di satelliti, denominati Sentinelle, è stata realizzata per la maggior parte all’interno di aziende quali Leonardo, Thales Alenia Space e Telespazio. L’esperienza maturata in questo campo consentirà all’industria italiana di incrementare la competitività nelle gare che verranno indette per lo sviluppo dei nuovi satelliti.   

Sebbene alla vigilia di “Space+19” una parte della politica francese sembrasse pronta a fare pressioni affinché l’Esa abbandonasse lo sviluppo di una nuova generazioni di lanciatori Vega (Vega E) per concentrare gli sforzi sul prossimo Arianne 6, un vettore spaziale con capacità di carico superiore, la ministeriale di Siviglia, con un contributo di 2,238 miliardi di euro, ha sancito che i due programmi procederanno in parallelo, ritenendo entrambi i veicoli necessari per garantire all’Europa un accesso allo spazio sostenibile e vantaggioso. Tale decisione, insieme con il via libera al programma Space Raider, un mini shuttle automatico e riutilizzabile in grado di planare fino al suolo in fase di rientro, consente all’Italia di mantenere la leadership nel settore del trasporto spaziale. Sia Vega che Space Raider sono infatti progetti a guida tricolore: mentre lo sviluppo, l’integrazione e parte della costruzione del primo sono di responsabilità di Avio, industria nazionale specializzata nella propulsione, la realizzazione del secondo è coordinata da Avio e Thales Alenia Spazio con il contributo di altri nove paesi.   

L’Italia è anche presente nei campi della sicurezza e dell’esplorazione, per i quali l’Agenzia spaziale europea ha stanziato rispettivamente 432 milioni e 1,953 miliardi di euro. È tutta italiana, per esempio, la tecnologia rivoluzionaria alla base del telescopio Flyeye, che, dal 2021, sarà in grado di scrutare in tempi ridotti l’intero cielo alla ricerca dei cosiddetti Neo, o Near Earth Object, e dei detriti spaziali potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta.

Un capitolo a parte meriterebbe la descrizione delle competenze dell’industria italiana nel settore dell’esplorazione umana e robotica, che spaziano dalla costruzione dei moduli pressurizzati per la Stazione spaziale internazionale, la Iss, alla realizzazione della trivella per l’analisi del suolo della cometa 67P a bordo della sonda Rosetta e di quella che verrà utilizzata su Marte nel corso della seconda parte della missione ExoMars 2020. In considerazione della decisione dell’Esa di aderire alle prossime ambiziose missioni verso la Luna, Artemis e Gateway, e verso Marte con il programma Mars Sample Return, che propone di riportare un campione di suolo marziano sulla Terra, le capacità già dimostrate in ambiti simili consentiranno alle aziende del nostro paese di sottoscrivere accordi per l’individuazione e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche necessarie, come già successo con l’International Habitat (I-Hab), la componente del Gateway che dovrà accogliere gli astronauti, la cui progettazione è stata affidata in parte alla torinese Thales Alenia Space. Proprio l’esperienza e la credibilità italiana nell’esplorazione umana del cosmo hanno consentito al nostro paese anche di ottenere una nuova opportunità di volo per la nostra Samantha Cristoforetti entro il 2022.

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